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L’intervento di protesizzazione dell’anca ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo dal 1960. Prima di questa data era possibile solo la sostituzione di teste femorali troppo usurate con protesi di relativa semplicità. Il primo vero intervento è stato quello di J.Charnley eseguito con una componente femorale in metallo e una acetabolare in Teflon. Tale intervento ebbe esito negativo dovuto al rapido consumo del Teflon.
Negli ultimi anni la chirurgia protesica dell’anca si è evoluta: il chirurgo dispone di tecniche operatorie sempre più affinate che gli permettono di effettuare l’intervento di protesi d’anca con sicurezza e con notevole risparmio delle strutture anatomiche.
Le indicazioni si sono ampliate, l’età media dei pazienti da sottoporre all’intervento si è ridotta, le aspettative di vita notevolmente incrementate, creando al chirurgo una serie di problematiche talvolta di difficile soluzione.
Gli scopi di una protesizzazione di anca sono quelli di ottenere una “nuova anca” stabile, non dolente, con una buona articolarità che possa permettere al paziente di svolgere le proprie attività quotidiane senza particolari problemi; inoltre deve durare nel tempo e non determinare fenomeni di intolleranza.
L’intervento di protesi d’anca permette il recupero di una buona qualità di vita, con una sopravvivenza degli impianti che supera il 90% a 10 anni e permette di risolvere o alleviare sensibilmente la sintomatologia dolorosa e migliorare le capacità fisiche e le prestazioni motorie del paziente.
Gli interventi di sostituzione protesica dell’anca possono essere classificati in tre tipologie: la sostituzione totale o artroprotesi, che prevede di intervenire su entrambe le componenti articolari, femorale e acetabolare; la sostituzione parziale, comunemente indicata con il termine endoprotesi, riservata al trattamento delle fratture mediali del collo del femore, che permette di preservare l’acetabolo; la revisione, o riprotesizzazione, che prevede la sostituzione di un dispositivo precedentemente impiantato.
La protesi d’anca è costituita da alcuni elementi che sostituiscono funzionalmente le componenti acetabolare e femorale dell’articolazione fisiologica: il cotile, generalmente metallico, in cui viene posizionato un inserto di polietilene, ceramica, o metallo; lo stelo metallico sulla cui estremità superiore, denominata collo, viene inserita una testa metallica o di ceramica. Lo stelo e il cotile possono essere “fissati” all’osso utilizzando il “cemento” (protesi cementata) o come accade sempre più frequentemente, semplicemente “impattando” le componenti protesiche nella sede opportunamente preparata senza l’utilizzo di cemento (protesi non cementata). Queste ultime sono generalmente realizzate in titanio e presentano una superficie porosa per favorire la crescita di tessuto osseo ad avvolgere la protesi.
La qualità dell’osso, la morfologia femorale e acetabolare, l’età del paziente e le sue condizioni cliniche indirizzano la scelta del sistema protesico e del mezzo di fissazione.
L’articolazione coxofemorale (articolazione dell’anca) unisce il femore all’osso dell’anca. L’articolazione mette in rapporto l’acetabolo (cavità articolare dell’anca) con la testa del femore, che ha forma simile ai 2/3 di una sfera piena del diametro di 4 cm circa. Le superfici articolari non sono però esattamente corrispondenti e il labbro dell’acetabolo concorre ad ampliare la superficie articolare rendendola adatta ad accogliere la testa del femore, oltre che a contenere l’articolazione stessa. L’articolazione è avvolta dalla capsula articolare e da tre legamenti.
Il femore è un osso lungo che forma lo scheletro della coscia.
Nel femore distinguiamo un corpo e due estremità. Il corpo non è esattamente rettilineo ma presenta una concavità posteriore. L’estremità superiore termina con la testa sferica destinata ad articolarsi con l’acetabolo. La testa è sostenuta dal collo anatomico, alla cui base originano due robuste eminenze: il grande e il piccolo trocantere, uniti da una cresta intertrocanterica.
Immediatamente al di sotto del piccolo trocantere si trova il collo chirurgico, che segna la fine tra diafisi ed epifisi. L’estremità inferiore del femore presenta una vasta superficie articolare per tibia e rotula. La diafisi femorale (o corpo femorale) è formata da un astuccio di tessuto osseo compatto all’interno del quale è presente un canale midollare (dove viene alloggiato lo stelo protesico). Le epifisi sono invece costituite da una lamina superficiale compatta che avvolge un trabecolato spugnoso.
Se possibile, nel mese precedente l’intervento, vi verrà prelevato del sangue (predepositi) per utilizzarlo come auto-trasfusione dopo l’intervento; nell’immediato periodo pre-operatorio vi verranno somministrati i farmaci necessari alla profilassi antibiotica e alla prevenzione delle tromboembolie periferiche (ATE).
Tecnica chirurgica
L’intervento avviene con il paziente supino, attraverso un’incisione laterale sulla coscia a livello del gran trocantere femorale. Si seziona la cute e il sottocute quindi si procede alla sezione del muscolo medio gluteo seguendo le fibre muscolari. Si accede alla capsula articolare che viene aperta e si lussa l’anca. Asportata la testa femorale, usurata dall’artrosi, si procede al posizionamento della componente protesica acetabolare. Si passa alla preparazione del femore, entro il quale viene alloggiato lo stelo femorale, si posiziona la neo articolazione (riduzione) con attenta ricostruzione di tutti i tessuti. Infine si sutura capsula, piani muscolari, sottocute e cute.
Al termine del periodo di degenza in ospedale, il paziente può far ritorno a casa o (in relazione alle sue condizioni fisiche e/o familiari) può essere trasferito per un breve periodo in una struttura specifica per continuare il trattamento riabilitativo.
Al ritorno dall’ospedale il paziente potrà gradualmente riprendere le proprie attività della vita quotidiana e in seguito tornare all’attività lavorativa ed eventualmente sportiva dopo l’assenso del proprio medico specialista curante.
E‘ importante ricordare che la nuova articolazione dell’anca è relativamente “non protetta” fino a quando la muscolatura dell’arto inferiore non avrà riacquisito un adeguato tono-trofismo muscolare.
Fino ad allora movimenti involontari o non corretti potrebbero provocare la mobilizzazione o in casi estremi la lussazione delle componenti protesiche.
Per tale motivo è utile che il paziente impari quali movimenti dovrà evitare e quali accorgimenti dovrà adottare nel primo periodo post-operatorio.
In particolare la flessione ad angolo retto o la rotazione all’interno dell’arto operato sono movimenti da evitare in quanto possono facilitare la lussazione dell’anca.
Si consiglia, per i primi 6-8 mesi dall’intervento, di evitare di raccogliere oggetti a terra in quanto la flessione eccessiva del busto può determinare la lussazione del femore.
L’immobilità causata dall’intervento favorisce l’insorgenza di trombosi delle vene dell’arto inferiore soprattutto dal lato operato.
La trombosi venosa può determinare l’embolia polmonare che rappresenta un’emergenza medica grave. Seguendo quanto raccomandato dalle linee guida internazionali, si somministra al paziente operato di protesi d’anca eparina a basso peso molecolare sottocute fino ad almeno 40 giorni dopo l’intervento per prevenire l’insorgenza di trombosi venose e viene consigliato l’utilizzo di calze elastiche contenitive.
La rimozione dei punti di sutura avviene generalmente in 15ª giornata post operatoria.
Alcuni giorni dopo la rimozione dei punti è possibile fare la doccia se la ferita è completamente rimarginata e non ci sono zone arrossate o secernenti siero: in questi casi si deve avvisare il medico curante.
E’ consigliabile non aumentare di peso ed eventualmente cercare di dimagrire seguendo le indicazioni di uno specialista dietologo: il peso eccessivo del corpo sovraccarica la protesi ritardando il recupero della funzione dell’arto inferiore operato.
Le infezioni batteriche respiratorie o urinarie possono comportare il rischio d’infezione della protesi attraverso il trasporto di batteri nel sangue.
Anche interventi odontoiatrici (pulizia e/o avulsioni dentarie ecc.) aumentano il rischio di infezioni a livello della protesi d’anca.
In tutti questi casi è opportuno che il medico curante somministri una terapia profilattica con antibiotici.
Per quanto riguarda la concessione del carico e l’utilizzo dell’ausilio più adeguato (bastoni canadesi, girello con ascellari o deambulatore) esistono delle differenze secondo il tipo di protesi, le condizioni psico-fisiche del paziente e le eventuali complicanze intercorse durante l’intervento.
Per tale motivo il paziente dovrà strettamente attenersi alle indicazioni dello specialista ortopedico e del fisiatra curante.
Nel caso il paziente utilizzi bastoni canadesi, si consiglia di continuare ad utilizzarli fino al controllo ortopedico, successivamente si utilizzerà un solo bastone da portare dal lato opposto a quello operato (gamba operata destra, portare il bastone a sinistra).
Durante i primi mesi dopo l’intervento si consiglia di:
– non dormire sul fianco dal lato operato
– non flettere il busto in avanti per rimboccarsi le coperte
– non ruotare all’interno l’arto operato.
La posizione più indicata è quella supina: eventualmente si può dormire sul lato sano (dal II° mese) tenendo un cuscino tra le gambe mentre si dorme e si cambia posizione da quella supina al decubito laterale e viceversa.
E’ possibile ricominciare a guidare dopo l’autorizzazione dello specialista curante.
Per salire in automobile mettere un cuscino sul sedile, sedersi sul sedile con le gambe fuori dall’abitacolo e portare all’interno dell’auto prima la gamba operata, aiutandosi con le mani, e poi la gamba sana. Se l’arto operato è il sinistro sedersi a destra del guidatore, se l’arto operato è il destro sedersi dietro il guidatore.
Utilizzare sedie stabili (senza rotelle) e possibilmente con braccioli.
Quando ci si siede: divaricare leggermente le gambe, appoggiare le mani sui braccioli o sulle cosce e scendere lentamente tenendo le ginocchia larghe e le punte dei piedi parallele
Non sedersi su piani troppo morbidi e troppo bassi rispetto l’altezza del bacino. (Non poltrone e divani).
Controllare che le ginocchia non superino in altezza il livello delle anche:
per ridurre il dislivello utilizzare un cuscino.
Far scivolare i glutei fino al bordo della sedia e poi facendo leva sulle braccia alzarsi.
Evitare di flettere il busto in avanti per alzarsi dalla sedia.
Si consiglia di sedersi solo su water con sedile rialzato.
Esistono in commercio alzawater da adottare al proprio domicilio.
Per alzarsi e sedersi dal water valgono le stesse regole descritte per alzarsi/sedersi dalla sedia.
E’ consigliabile l’uso della doccia con tappeto antiscivolo, stando seduti su di uno sgabello appoggiato alla parete.
Se si utilizza la vasca da bagno usare l’apposito seggiolino: sedersi sul bordo del seggiolino, portare nella vasca la gamba operata e poi quella sana (Avvicinarsi al bordo della vasca con la gamba operata).Fare la barba o lavarsi i denti stando seduti su una sedia se il piano del lavandino non si trova all’altezza delle anche.
I gradini si salgono portando avanti l’arto sano (non operato), quindi le stampelle e poi l’arto operato.
Posizionare le stampelle sul gradino inferiore, poi scende la gamba operata e infine quella sana.
Tutte le attività come lavare i piatti, stirare, raccogliere oggetti ecc. che comportino la flessione del busto in avanti dovrebbero essere evitate o comunque ricordarsi che il piano di lavoro per svolgere tali attività deve essere all’altezza giusta per permettere l’allineamento delle spalle sullo stesso piano frontale delle anche. Le spalle non devono essere anteposte rispetto alle anche.
Prima del ritorno a casa si consiglia di rimuovere i tappeti per evitare il pericolo di cadute durante la deambulazione.
Arti inferiori distesi, punte dei piedi rivolte verso l’addome, spingere il ginocchio verso il basso contraendo il quadricipite (muscolo della coscia).
Mantenere la posizione per 5 secondi quindi rilasciare per 10 secondi.
Ripetere l’esercizio 10 volte a destra e sinistra.
Arti inferiori distesi, contrarre i glutei. Mantenere la posizione 10 secondi quindi rilasciare.
Ripetere l’esercizio 10 volte.
Arti inferiori distesi, contrarre i glutei. Mantenere la posizione 10 secondi quindi rilasciare.
Ripetere l’esercizio 10 volte.
Arti inferiori distesi, piegare il ginocchio lentamente facendo scivolare il tallone verso i
glutei e tornare alla posizione di partenza.
Durante l’esecuzione dell’esercizio controllare che anca, ginocchio e piede siano allineati:
la punta del piede non deve essere ruotata né verso l’esterno né verso l’interno.
(Per facilitare l’esercizio utilizzare una tavola lucida da posizionare sul letto)
Arti inferiori distesi, contrarre i glutei. Mantenere la posizione 10 secondi quindi rilasciare.
Ripetere l’esercizio 10 volte.
Arti inferiori distesi, contrarre i glutei. Mantenere la posizione 10 secondi quindi rilasciare.
Ripetere l’esercizio 10 volte.
Arti inferiori distesi, contrarre i glutei. Mantenere la posizione 10 secondi quindi rilasciare.
Ripetere l’esercizio 10 volte.